Lasciate che vi parli brevemente di un fenomeno comunemente conosciuto come la Peste Nera. Userò, per comodità, alcuni estratti di Wikipedia per inquadrare brevemente questo terribile episodio della storia medievale Europea:

per “peste nera” si intende, in data odierna, la grande epidemia che uccise almeno un terzo della popolazione europea durante il XIV secolo. Le stime antiche e moderne delle vittime variano parecchio sul totale della popolazione, all’incirca dal 30% al 60%. In totale, la peste nera potrebbe aver ridotto la popolazione europea dai 45 milioni ai 35–37,5 milioni del XIV secolo.

Oggi sappiamo che la causa di questa tremenda epidemia fu “la moria di roditori”. A chiedere il motivo a un medico dei tempi, invece, avremmo ottenuto risposte decisamente più variegate: colpa delle streghe, degli ebrei, del demonio, della punizione divina, dei “venti dannosi” del Sud. Magari le cause non erano del tutto chiare, ma le conseguenze sì.

Le campane non suonavano più e nessuno piangeva. L’unica cosa che si faceva era aspettare la morte, chi, ormai pazzo, guardando fisso nel vuoto, chi sgranando il rosario, altri abbandonandosi ai vizi peggiori. Molti dicevano: “È la fine del mondo!”

L’annuncio di Stadia ha generato sull’internet una vera e propria isteria di massa, in cui il nuovo prodotto di Google è una vera e propria “peste bianca”

Praticamente questo è il mood mentale che ho ritrovato ieri mattina sull’internet dopo l’annuncio di Stadia. La prima cosa che ho fatto, nel dubbio, è stata quindi controllare sui vari siti di informazione se non ci fosse stata da qualche parte una nuova moria di sorci.
Sinceramente non riuscivo a trovare altre spiegazioni all’isteria di massa che ha colpito buona parte dei commenti del web circa la presentazione di Google del suo nuovo servizio di streaming, percepita come una nuova peste bianca capace di sterminare il gaming come lo conosciamo oggi. Nell’arco di poche ore le parole di Sundar Pichai, CEO di Google, sono state ermeneuticamente interpretate come nefaste divinazioni di sventura destinate a portare, in ordine, la morte del game design, la morte degli sviluppatori, la morte di Sony, la morte di Microsoft, di Atari che “oh mannaggia ha scelto proprio il momento peggiore per resuscitare”, la morte dei giochi fatti col cuore e con ingredienti genuini come li faceva la nonna, e più in generale la morte di ogni fonte di gioia e di vita nell’universo conosciuto.

Sinceramente un tantino troppo, per quella che a tutti gli effetti è una console “invisibile”, di cui attualmente si conosce con precisione solo nome e logo. Evidentemente abbastanza per gli untori digitali, che hanno predetto la fine dei videogiochi come li conosciamo per mano di questo presunto “servizio” di cui, ancora, non si sa un cazzo, se non che fa girare Assassin’s Creed su Chrome.

Ci sono ancora tanti, troppi aspetti di Stadia che solo Google conosce, a cominciare dal business plan, eppure il “mondo” sembra aver già deciso cosa va e cosa no

Ora, io sarò pure troppo progressista, mi prendo le mie colpe, ma quello che faccio fatica a capire è come siano stati dati per assodati due punti fondamentali (punti che Google, nella sua presentazione, non ha minimamente toccato).

Punto uno: Stadia segnerà la vittoria e/o la morte dei GAAS (Games as a Service, ndr). No, sinceramente, perché? Ma chi l’ha detto? Anthem viene dato in abbonamento con il pass EA, eppure non mi sembra nessuno abbia legato questa distribuzione ai suoi problemi strutturali (magari al prezzo di vendita, questo sì, ma è pure tutto un altro campo da gioco). Dove starebbe la differenza di un Destiny qualsiasi regalato col Plus piuttosto che comprato? Più precisamente: ma perché lo stesso gioco mandato in streaming invece di essere giocato sulla console di casa dovrebbe cambiare radicalmente nelle sue scelte di design, di monetizzazione e di approccio al pubblico? Se Anthem fosse stato strimmato sarebbe stato un gioco diverso? Avrebbe avuto meno problemi? La sua modalità di fruizione in locale o in remoto avrebbe compromesso la sua struttura ludica?

stadia

E qui arriviamo direttamente al secondo punto. Qual è il business plan di Stadia? Lo sa solo Google, e non è un modo di dire. Non è scappata mezza virgola su come e a che prezzo si potrà usare ‘sta roba. Ma sembra che il mondo abbia deciso, arbitrariamente, che sarà come Netflix. Comprensibile, eh: la sua forma intangibile e capillare, così profondamente legata all’architettura stessa del Web, la rende quasi una scelta obbligata. Eppure, a guardar bene, sembra quella meno probabile. Consideriamo il caso Doom Eternal: la probabilità che un gioco simile, di terze parti, esca “con l’abbonamento da quindici euro” al day one è realisticamente vicina allo zero.

Non parliamo di titoli Microsoft inclusi nell’Xbox GamePass, ma di un titolo che verrà venduto a prezzo pieno su tutte le piattaforme, e non vedo perché su Stadia debba andare diversamente. Se è valido pensare al MegaAbbonamentoTotaleForgiatoNellInferno+2 che farà morire di fame sviluppatori e distributori, allora si può anche pensare che la tua bella copia di Doom Eternal la compri a 80 euro sul Play Store, la leghi al tuo account Google e quando logghi su un qualsiasi Chrome ci giochi come cazzo ti pare e piace. Cosa cambia ai devz? Che devono fare una build in più. Cosa non banalissima forse per l’architettura scelta (una combo di Linux e Vulkan), ma nemmeno in grado di strappargli le carni e sterminare le loro famiglie.
Poi nulla vieta che i titoli della scorsa generazione non possano essere raccolti in una libreria pagabile mensilmente, esattamente come gli altri grandi attori del mercato già fanno da parecchio tempo a sta parte. Eppure, oh, non mi sembra che il tessuto dell’universo sia collassato.

In definitiva, penso che Stadia sia un discreta figata tecnica e che, connessione permettendo, possa essere un buon passo avanti nel concetto di play anywhere. Cosa che al sottoscritto, a cui pesa arrivare dalla sedia del PC al divano, interessa parecchio.
Sono moderatamente curioso, nonostante alcuni dubbi siano sicuramente giustificati. Come credo sia doveroso guardare a questi annunci con il giusto equilibrio di entusiasmo e diffidenza, credo sia doveroso non strabordare con le opinioni quando non si hanno ancora tutti i pezzi del puzzle, e lanciarsi in invettive e sentenze. Per il resto, se vogliamo indossare le maschere a becco di uccello e urlare al cielo che siamo tutti fottuti, oh, facciamolo pure. Il mondo è sopravvissuto al morbo dei topi morti, penso che possa farcela pure contro un paio di data center distribuiti che fanno girare Doom.