Ieri sera ho fatto una delle più belle partite della mia vita nello Stendardo di Ferro, modalità multiplayer di Destiny 2 in cui i vantaggi di livello sono abilitati, a differenza del Crogiolo “vanilla”, dove tutti competono sullo stesso piano (più o meno, diciamo). Una delle pochissime, se non l’unica, partita della mia vita in cui sono arrivato primo per numero di kill e con una kill ratio di 4. Una roba, per me che sono “scarso come la merda” (cit.), semplicemente impensabile.

rivincita schiappe

In multiplayer mi diverto sempre un sacco, ma alla soglia dei cinquanta ho ormai fatto i conti con i miei limiti

Non sono così ingenuo, o così convinto delle mie abilità in multiplayer da pensare di essere improvvisamente diventato bravo. “Scarso come la merda” ero, rimango, e rimarrò sempre. Certo, ci sono giornate più riuscite di altre, partite in cui sei più concentrato, nelle quali riesci a esprimerti meglio di altre (come in qualunque cosa del mondo, peraltro), ma alla soglia dei cinquanta ho fatto i conti con i miei limiti, con le cose che so fare meglio, e quelle in cui me la cavo meno bene. Sparare online si piazza stabilmente in questo secondo gruppo. Mi diverto sempre un sacco, ma le mie ambizioni sono limitate.

Eppure. 4.0 K/D in una partita. 3.0 K/D in un’altra. Come direbbe Sherlock Holmes, se si scartano tutte le ipotesi impossibili (tipo essere diventato bravo), l’unica spiegazione rimasta, per quanto poco plausibile, dev’essere quella giusta. E quindi, il pregevole risultato si spiega solo con il fatto che gli altri giocatori fossero più pippe di me. E non è che la gente smette di saper giocare dall’oggi al domani; qui entra in gioco quella che il buon Nevade (autore dell’articolo di cui sopra) definisce come la teoria migratoria dei videogiocatori.

rivincita schiappe

[Nota: il seguente paragrafo è da leggere con la voce di Fiorello] Analogamente agli amici pinguini (cit.), nel corso del tempo i giocatori si spostano in massa da un titolo all’altro, alla ricerca di condizioni migliori, di novità, di sfide più coinvolgenti, abbandonando quella che fino al giorno prima era stata la loro colonia, dove rimangono solo i pochi esemplari che non sono in grado di affrontare la migrazione. Tipicamente, i povery.

Come i pinguini, anche i videogiocatori migrano in continuazione, alla ricerca di condizioni migliori

Del resto, perché uno dovrebbe continuare a giocare a Destiny 2? Nelle ultime due settimane è arrivato Anthem (uscito ufficialmente oggi, ma disponibile per Origin Access da qualche giorno), ma soprattutto quel fenomeno da baraccone di Apex Legends, che ha travolto il mondo degli shooter online ed è riuscito a conquistare la bellezza di venticinque milioni di persone nel breve volgere di una settimana. E quelli non sono giocatori che spuntano dal nulla. Sono persone che fino a una settimana fa giocavano ad altro, e che adesso si divertono a darsele di santa ragione nei panni di Wraith, Gibraltar o Bloodhound. Lo faccio anche io, prendo gli schiaffi brutti in faccia, e questo non fa altro che corroborare la teoria migratoria di Nevade (ergo, potrò vantare numeri importanti quando la colonia si sarà spostata altrove).

Il succo di tutto questo è che c’è davvero speranza per tutti, in fondo, anche per quelli scarsi come me: la possibilità di arrivare nei primi posti della classifica, a patto di saper attendere abbastanza a lungo, e aspettare che tutti gli altri se ne vadano o si facciano fuori da soli. A pensarci bene, è la stessa tattica che usiamo in Apex Legends: quando funziona, arriviamo sempre secondi.